Lo smartphone è il principale strumento di comunicazione del nostro mondo, nella sfera lavorativa e nel tempo libero. Una ricerca di Counterpoint evidenzia che: il 4% dichiara di usarlo meno di un’ora al giorno, il 20% tra 1 e 3 ore, il 29% tra 3 e 5 ore, il 21% tra 5 e 7 ore. Il 26% (1 persona su 4) dichiara un utilizzo superiore alle 7 ore giornaliere. Si tratta di un fenomeno sociale di massa, tra i più potenti di cui l’umanità abbia memoria. Cosa ne dicono le neuroscienze? Esistono studi sul legame tra questo iper utilizzo dello smartphone e la produttività cerebrale nei contesti lavorativi? Si tratta di uno strumento straordinario per facilità e velocità di accesso alle informazioni e possibilità di interconnessioni. Tuttavia molti studi evidenziano alcune ricadute negative sulla produttività lavorativa. Il biohacking, la disciplina che studia come usare al meglio il sistema nervoso, ha sintetizzato le informazioni scientifiche in 4 consigli pratici sulla migliore relazione da tenere tra il cervello e questo utile ed invasivo strumento tecnologico.
1) Meno Blu. Le luci nelle frequenze del blu affaticano il sistema nervoso. Di fatto l’uso massiccio di smartphone sottopone il cervello a questa fonte di luminosità innaturale. Esistono app gratuite come “F.lux” che installate riducono le frequenze del blu. E’possibile attivare il “filtro luce blu” tra le impostazioni del telefono per ridurre drasticamente l’impatto. Il cervello si affatica meno e resta più lucido se il sistema visivo non è sottoposto a questa lunghezza d’onda.
2) Lontano quando dormi. Non esistono prove incontrovertibili sul legame tra la sovraesposizione alle onde elettromagnetiche e l’aumento dei fattori di rischio legate a patologie cerebrali. Pertanto senza cadere vittime di inutili allarmismi conviene utilizzare una prassi preventiva. Porre lo smartphone di notte ad almeno 1 metro di distanza dalla testa. Molte persone lo lasciano accesso e sul comodino. Spesso lo mettono in “modalità aerea”, dimenticandosi che è la batteria ha sviluppare la maggioranza delle onde. Quindi in assenza di prove scientifiche, la prevenzione non è mai troppa. Basta metterlo distanziato oltre il metro dai “preziosi neuroni”. Alcuni trial dimostrano una maggiore efficienza cerebrale quando la presenza di onde elettromagnetiche è ridotta nella fase notturna. Durante il sonno il cervello ha bisogno di realizzare una serie di operazioni fondamentali legate alla “pulizia cerebrale” per garantire elevate prestazioni cognitive il giorno successivo.
3) Tu decidi il tempo. Per garantire un’elevata produttività è fondamentale sapere cosa facciamo con lo smartphone. Il rischio è perdere un sacco di tempo in attività non produttive. App come “Quality time” permettono di sapere esattamente le attività realizzate con lo smartphone in una settimana. Sapere come si impiega il tempo è il primo argine alla perdita di produttività. Spesso si getta un sacco di tempo. Una ricerca pubblicata da Stanford ha fatto i conti. 30 minuti al giorno “gettati” in attività stupide corrispondono a 23 giorni lavorativi in un anno. La rete a cui si accede moltiplica queste potenziali perdite di tempo. Molte persone sono poco produttive perché perdono un sacco di “giorni” a causa dello smartphone. Averne consapevolezza permette di normarne l’uso, ad esempio fissandosi delle sveglie che segnalino l’uso eccessivo dei social dopo un certo minutaggio.
4) Bolla temporale. Meglio staccare i dati quando si partecipa a riunioni (a meno che non sia strettamente necessario) o serve focalizzarsi su compiti che richiedono un elevato livello mentale. Le ricerche pubblicate in “The one Thing” da Gary Keller hanno dimostrato che quando una persona si distrae per leggere una chat o rispondere ad una telefonata, il suo cervello impiega oltre 4 minuti per ritornare ai livelli attentivi precedenti all’interruzione. Il dato è pazzesco. Significa che molte persone lavorano con un livello di prestazione mentale “medio-basso” per la maggioranza del loro tempo. Il cellulare allunga i tempi e riduce la qualità del lavoro quando distrae. Non avendo il controllo sulle informazioni in entrata (chiamate o contenuti) conviene staccarsene per compiti che richiedono attenzione, problem solving, creatività. Vale sia per il lavoro individuale, sia per i lavori in team.
Gli studi neuroscientifici sul legame tra produttività e smartphone confermano un vecchio detto. Il problema non è mai la tecnologia in sé ma l’uso che se ne fa.