Non è certo la ragione a dettare le scelte di investimento dei trader, esperti e non. A sostenerlo è Lorenzo Dornetti di Neurovendita, specialista in neuroscienze applicate alla finanza. Attraverso le tomografie a emissioni di positroni (tecnica molto simile a una TAC che, in funzione del consumo di gluscosio e ossigeno, consente di misurare l’attività del cervello nelle diverse aree) ha infatti mostrato come le scelte finanziare vengo prese dal sistema libico, ossia la parte che gestisce le emozioni, e non dall’area corticale prefrontale che gestisce invece la razionalità. Se il consumo di glucosio e ossigeno è alto, vuol dire che una determinata parte del cervello sta lavorando, e viceversa.
Le ricerche hanno inoltre dimostrato che, quando si fa una scelta finanziaria, il funzionamento cerebrale limbico è indipendente dal valore dell’investimento in gioco e dal titolo di studio di chi la fa. Il dato ancora più interessante è che l’essere umano è spesso inconsapevole del ruolo giocato dalle emozioni in quest’ambito. “le scelte finanziarie sono quanto di più distante dall’uomo economico razionale”, ha rincarato Dornetti, “e un esempio attualissimo è fornito dalla storia del Bitcoin”. Come mai infatti tanta attenzione verso la nuova forma di investimento? La risposta di chi studia i comportamenti economici attraverso le neuroscienze è molto semplice: il Bitcoin è diventato un brand. Secondo lo specialista, la moneta virtuale ha infatti tutte le caratteristiche che contraddistinguono i brand di successo: logo, mistero, senso di appartenenza, narrazione e principio di scarsità. Il logo è una B con doppia appendice su sfondo arancione.Il mistero sta invece nel fatto che nessuno sa con certezza chi l’abbia inventato: si dice un informatico di nome Nakamoto, ma è solo uno pseudonimo. Il Bitcoin crea poi un forte sentimento di appartenenza perché si scontra con la finanza ufficiale normata e regolata dalle banche centrali: l’idea di una moneta senza regole e confini fa sentire chi la usa parte di un gruppo in lotta con l’establishment, un pioniere contro un forte nemico comune.
Il web è pieno di storie sulla criptovaluta: persone che hanno investito un dollaro nel 2010 e oggi sono milionarie, famiglie passate dal monolocale alla villa con piscina. I social hanno dato enorme visibilità alle storie di chi ha raccontato di aver cambiato la propria vita grazie a investimenti nelle criptovalute, alimentando la diffusione del brand. Ma il gran finale risiede nel principio di scarsità: i Bitcoin non potranno essere più di 21 milioni nel mondo, per i lomiti imposti dal suo algoritmo. Insomma, chi ha ideato il Bitcoin conosceva molto bene il funzionamento del cervello umano e come si crea un brand di successo. Ci sono però dei piccoli trucchi che possono aiutare un investitore a non farsi trasportare del tutto dal sistema limbico, riattivando la parte razionale. Il primo aiuto deriva dal sapere da dove arriva il denaro destinato agli investimenti. La provenienza del denaro impatta sul livello di rischio che una persona è disposta ad accettare: se proviene da duro lavoro (come risparmi di una vita) si ha la tendenza ad adottare un livello di rischio molto basso, mentre se è stato ottenuto facilmente (vincite, eredità ecc.) il rischio accettabile è molto più elevato. Il segreto quindi, secondo Dornetti, è essere meno timorosi quando il denaro proviene dal duro lavoro e molto cauti con il denaro arrivato facilmente.Per migliorare e affinare la percezione del rischio occorre poi suddividere gli investimenti in tre colori in funzione del grado di rischio. Rosso uguale alto rischio, giallo medio e verde basso rischio.A questo punto basta visualizzare dove si è investito il denaro e verificare che corrisponda al livello di rischio in linea con i propri obbiettivi.
Attenzione infine agli investimenti di moda, che funzionano come una sorta di magnete emotivo: meglio evitarli o aumentare la ricerca di informazioni e la percezione del rischio.