Un’amica aveva un negozio di gioielli e non riusciva a vendere un lotto di anelli. Non riusciva a venderli nemmeno mettendoli in vetrina né inducendo il personale di vendita a proporli alla clientela. Prima di partire per un viaggio, decide di liberarsene una volta per tutte. Scrive un biglietto alla sua capo negozio. “Prezzi anelli turchesi per 1/2″. Insomma anche a costo di rimetterci, voleva scontarli della metà e venderli. Al suo ritorno trova venduti tutti gli anelli. Ecco la vera sorpresa. La collaboratrice aveva interpretato male il suo biglietto leggendo per 2 anziché per 1/2. Insomma degli articoli invenduti per mesi erano stati venduti in pochi giorni al doppio del prezzo. Perché? Nel cervello umano esiste una sorta di automatismo: ciò che è caro è più buono.
In un esperimento si chiedeva ad un campione di soggetti di giudicare al buio una bevanda gassata e zuccherata: Pepsi e Coca Cola. Si chiedeva quale era la più buona tra le due. La maggior parte diceva Pepsi. Quando si faceva la stessa cosa con le marche in vista, il gradimento andava verso la Coca Cola. La coca cola è più cara della Pepsi, quindi magicamente diventava la bibita migliore.
Il lavoro di Rangel sui vini è incredibile. Utilizzando la risonanza magnetica funzionale ha osservato il cervello dei soggetti mentre assaggiano diverse bottiglie di vino con prezzi “taroccati”. Si spiegava ai partecipanti che avrebbero assaggiato cinque Cabernet-Sauvignon di qualità e prezzo differenti. I vini usati in realtà erano solo tre. Due venivano somministrati con prezzi differenti. Erano spruzzati direttamente da una pompetta situata in bocca ai soggetti. Mentre si gustavano i vini appariva sullo schermo il prezzo. Il primo vino veniva presentato al suo prezzo reale, 90 dollari, e un’altra volta a 10 dollari. Il secondo vino, veniva presentato al prezzo reale di 5 dollari, e in seguito ad un prezzo gonfiato di 45 dollari. Il terzo vino veniva presentato al suo prezzo di mercato: 35 dollari. Tra una degustazione e l’altra si sciacquava la bocca e si lasciava passare il tempo necessario per “pulirla” dal vino precedente. I vini furono giudicati più buoni in funzione del prezzo. Il più costoso fu giudicato il migliore. Peccato fosse lo stesso offerto a 10 dollari. Il vino da 5 dollari era molto migliore quando costava 45. Eppure il vino era lo stesso! La cosa più scioccante però è quello che si scopre studiando il cervello. L’area orbito-frontale laterale, una porzione del cervello deputata all’elaborazione gustativa piacevole, si attiva effettivamente di più quando lo stesso vino è associato ad un prezzo più alto. Il vino più caro aumenta davvero la percezione di maggiore piacere, perché induce le aree del cervello che lo determinano a una iperattività. Per par condicio è stato condotto uno studio analogo sulla birra. Uguali risultati. Quasi nessuno riesce a riconoscere la sua birra preferita tra cinque altre birre al buio. La birra diventava migliore in funzione del marchio e del prezzo.
Capire se davvero il prezzo più alto rappresenti un valore più alto è praticamente impossibile nella maggior parte dei casi in cui si vive un’esperienza gustativa complessa determinata da un mix di prodotti e processi di trasformazione, come quella di un pasto in un ristorante. Richiederebbe una lunga e laboriosa opera di analisi, confronto e presa di informazioni. Ed ecco che il nostro cervello non ama attivare la corteccia per troppo tempo. Troppo fatica. Troppo dispendio di energie. Da qui la scorciatoia mentale del “più costoso, più buono”.